Parole nelle Fronde

Parole nelle Fronde

Rivivere per un attimo quelle sensazioni di complicità che da anni, ormai, mancavano nella mia vita, mi ha riportato a sperare.

Riuscire ad emozionarmi per un istante, e portar con me quella sensazione, senza perderne l’intensità per giorni; poter guardare, ad occhi chiusi, quella parte di me ormai sommersa da pesanti sovrastrutture e vincoli artefatti; coccolare quella malinconia che corrisponde ad un bisogno; cercare l’origine del bisogno stesso, ed osservare la semplicità con cui si può tornare a sognare. Tutto, oggi, è scintillante.

Il futuro non si è modificato. Non ancora. Lo sguardo si allunga, come prima, su quella strada, e la rotta non è mutata. Vincoli e distanze permettono di osservare quell’attimo con scientifico distacco. Lo isolano e lo proteggono. Non deve guastarsi, con l’aggiunta di progetti e forzature. È un momento, ed emoziona per il suo essere tale.

Un momento non muta il corso delle cose.

Ma quel distacco con cui lo osservo non mi sembra poi così scientifico. Il terreno sotto i piedi non è, ora, così solido, e la strada si fa improvvisamente incerta.

Chiudo di nuovo gli occhi; il mondo scompare, e il dipinto della mia esistenza si materializza proprio lì dove prima osservavo il tangibile presente. Guardo quanta paura si nasconde tra le pieghe di quel sentiero che si snoda tra delusioni e rinunce. Vedo quanti sorrisi sono stati nascosti sotto le pietre miliari; quante parole non dette imprigionate tra le fronde degli alberi che disegnano il contorno di quella mulattiera; quanti inutili mal di pancia, e quante emozioni non vissute. In quello zaino che trasporto, troppi sassi affaticano il cammino, e pochi fiori lo colorano. I frutti non mangiati rischiano ormai di ammuffire, mentre cerco quel profumo di vita che, forse, potrei trovare solo imparando a fermarmi, chiudere gli occhi ed inspirare a pieni polmoni.

Basta un attimo, a volte, per rompere una diga ormai sedimentata; un “si” malcelato, nascosto sotto un timido “no”, o quello che potrebbe sembrare un “no”; un freno tirato male; un contatto cercato senza saperlo. Il presente mostra il fianco, l’abitudine a pensarsi convinti di star bene si mescola con nuovi interrogativi, e s’incrina quell’equilibrio instabile cercato e mantenuto così a lungo.

Un attimo senza futuro. Vissuto con libertà assoluta proprio in virtù della sua caducità; un attimo gustato in profondità. Tanto intenso e pieno di complicità che, poi, ha la forza di far scorgere un futuro lì dove, prima, non lo si vedeva.

Prospettive che cullano la mia fantasia, e sembrano tracciare un bivio in quel sentiero; smuovono quelle pietre e ne liberano i sorrisi imprigionati; aprono le fronde ed inondano quel quadro di parole.

Parole piene di emozionante semplicità.

Devo aprire gli occhi. Quel quadro non è pronto a mutare, per questo attimo. Un solo attimo. Potrà esserlo quando la forza di quelle emozioni saprà scardinare quella specie di rotaia che mi trasporta nella direzione che finora ho seguito.

Occorre proteggere quelle sensazioni, e non sommergerle di “se” o di “ma”; non assegnare ad esse un compito che non dovrebbero avere. Occorre comprenderle e vivere, e gioire della ritrovata capacità di provarle.

Occorre, adesso, non perdersi di nuovo nei prati, ma proseguire con il sorriso, ed essere pronti, al momento giusto, ad imboccare quel bivio.

Altri momenti arriveranno. Devo cercare le occasioni per riprovare quel gusto dolce, ornato di semplicità, che ha aperto le mie labbra, le ha riempite di parole, e ha permesso che quelle parole facessero l’amore con quello che c’era dentro di me.

Una dolce ossessione, una curiosa definizione che porterò con me, e che cullerò fino a quando il tempo e la volontà apriranno di nuovo le porte alla giusta occasione.

 

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