Ma…

Ma…

Certe sensazioni sono come fulmini a ciel sereno.

Ci abituiamo ad una rassicurante mediocrità, ad un tranquillizzante livello di sicurezza circa l’entità delle emozioni che ci arrivano dall’esterno.

Poi, un bel giorno, accade qualcosa che fa esplodere un ordigno. Improvviso e devastante.

Sconvolge la percezione a cui siamo abituati, sradica alcune abitudini e convinzioni, ingenera uno stato di ansia che ci porta a vivere ogni cosa in maniera amplificata.

Possono accadere eventi di tale natura che ci innalzano dal terreno, e ci fanno sentire leggeri; o che precipitano dall’alto e ci schiacciano, impedendoci di muoverci con semplicità.

Sono sensazioni che ci riportano indietro nel tempo, a quando tutte quelle difese che abbiamo tanto abilmente costruito ancora non erano presenti. Ancora non ci aiutavano ad andare avanti.

E… un giorno pensi alla tua vita, e guardi ciò che ti accade, lo collochi in quel percorso circondato dal perimetro di sicurezza che hai definito; valuti le tue scelte e le ritieni appropriate al tipo di persona che pensi di essere.

E… un giorno dopo sei preda di un uragano, che cerchi di tenere a freno, mascherare, mitigare; un intero squadrone di demoni ti scuotono il cervello, tentano di far filtrare pensieri pericolosi e ti riducono come un adolescente sprovveduto.

La bellezza di questo processo è direttamente collegata alla sua assoluta imprevedibilità. Ogni istante e mutazione va osservato, allora. Va compreso, ed assimilato. E protetto.

Inutile resistere, meglio assecondare. Darsi una possibilità, e vedere dove porti quella strada sulla quale siamo stati improvvisamente catapultati.

Le regole sono sconvolte, la cautela è un ricordo. L’ansia ci invade ed ogni cosa che facciamo è un possibile errore madornale. Dov’è finita quella sicurezza che ci teneva legati al mondo?

Ma… un giorno sei sicuro che la tua vita proseguirà così come l’hai indirizzata; pensi che qualcosa di nuovo capiterà, ma lo ritieni evento possibile ancorché improbabile, e sopprattutto sei convinto che ricadrà in quel range di variabilità che hai definito come accettabile per il tuo modo di voler essere.

Ma… un giorno dopo ti guardi indietro e vorresti far spazzatura di tutte quelle convinzioni che, vedi, ti hanno portato dove sei; sia perché sono la causa di questa esplosione, non avendoti preparato all’evento; sia perché sei ora in preda ad una totale incapacità di pensare ad un percorso, concentrato come sei nel tentativo di opporre un minimo di resistenza al vento che ti trasporta.

Conviviamo con l’idea che un giorno le barriere innalzate ci proteggeranno dal pericolo. Non passiamo troppo tempo a definire cosa possa essere pericolo, e cosa no. Ma sappiamo che dovremo, un giorno, metterci al riparo.

Lavoriamo per questo, e giustifichiamo questo impegno con gli altri. Ecco il motivo per cui io faccio così. Te l’ho detto mille volte che dovresti fare diversamente. Quando ti dicevo questa cosa, era proprio perché volevo farti capire questo concetto. Ci sentiamo in forma. Grandi. Invincibili.

Un po’ temiamo che possa accadere qualcosa che sconvolga questo stato d’animo. Ma, più tempo passa, più la vita ci dà ragione.

E gli altri ci prendono ad esempio. Ci ascoltano… noi siamo quelli saggi, che sanno. O, forse, lo fanno per farci smettere. O, più probabile, perché non sanno dove sbattere la testa, e il nostro bisogno di curare il nostro ego ci porta a prenderci carico di altrui problemi ed a scaricare su di essi le nostre incertezze.

Come risolveremmo noi questa situazione? Tanti modi bellissimi e teorici. Magari anche parzialmente calati nella realtà. Noi abbiamo la nostra ancora. Abbiamo la scialuppa di salvataggio. Possiamo andarcene da quella situazione, poiché non è nostra. La facciamo diventare un pochino più attinente a noi, poiché abbiamo bisogno di confrontarci, almeno in maniera virtuale, con l’ipotetico scenario in cui dovessimo fare i conti noi stessi con tali problemi.

E… un giorno, camminando dritti per la nostra strada, incontriamo un ostacolo, lo riconosciamo, lo osserviamo, lo aggiriamo e, andando via con un sorriso compiaciuto, ci voltiamo a dare un ultimo sguardo al pericolo scampato.

E… un giorno dopo, sul nostro nuovo sentiero sconosciuto, avanzando con sguardi circospetti, ci imbattiamo in un ostacolo che ci sembra di conoscere; piegati per far meno rumore, cerchiamo una strada alternativa, e con il viso turbato dall’ansia, scoppiamo a piangere.

Siamo tutti sopravvissuti. Ogni esperienza ha lasciato dietro di sé cicatrici e piaghe. Alcune si sono rimarginate, e siamo riusciti a non riportare conseguenze troppo invalidanti. Altre, invece, hanno segnato in maniera indelebile il nostro futuro. Le nascondiamo, a volte, per non apparire menomati. Le aggiriamo, trovando nuova linfa vitale lì dove abbiamo la possibilità di sentirci forti. Ma sono lì, e governano le nostre esistenze. Riusciamo persino a dimenticarle… per un po’. Abbastanza per costruire un esoscheletro robusto, che ci aiuti nelle faccende quotidiane. Assegnamo i compiti, dirigiamo le fatiche, definiamo ruoli e responsabilità, e pianifichiamo il percorso. Il nostro esoscheletro ci porterà incolumi al traguardo. Forti, ignoriamo le ferite. E diciamo agli altri come imparare ad ignorare le loro.

Ma… un giorno incontri un’emozione. Fino al giorno prima le avresti dato come nome “pericolo”. Oggi no. Oggi è solo un’emozione. Ha penetrato l’esoscheletro, ha riattivato quelle ferite dimenticate, ha sparpagliato sul percorso una serie di ostacoli, ha sbaragliato i calcoli sulle probabilità di qualunque evento, e ha liberato tutti i demoni nel tuo cervello. Ora che il pericolo è giunto, le barriere non tengono.

Non siamo pronti a proteggerci dalle emozioni…

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