Un Mezzo Nel Canale

Un Mezzo Nel Canale

Come ho scritto precedentemente, avevo intenzione di parlare brevemente di qualcosa che ho scoperto, e che potrebbe essere utile a molti.

Di sicuro il mio Blog non è il posto più utile dove inserire una recensione, visto il limitatissimo flusso di lettori, ma in fondo quello che regali alla rete, ovunque tu lo metta, alla fine spunta fuori. Il buon Google tende ad indicizzare senza storcere troppo il naso. Non sta lì a guardare se un programma è recensito in un blog personale o in un sito molto più ricco di visitatori… lui indicizza, e poi restituisce a chi chiede.

E io, così, sfrutto questo spazio per spendere due parole su qualcosa che mi sta affascinando e che, spero, mi aiuterà nel mio intento.

Non ho intenzione di scendere troppo nei dettagli… chiunque è in grado di trovare tutorial molto specifici, e l’intento del mio scrivere non è quello di spiegare a qualcuno come funzioni qualcosa.

Più che altro mi piaceva interrogarmi sull’utilità di uno strumento che, finora, non conoscevo.

Quale?

Come dicevo, sembra che la mia fantasia si sia presa una specie di vacanza. Le mie capacità dialettiche stanno risentendo del lungo periodo di quasi totale astinenza da cose come inchiostro e fogli bianchi.

Ho bisogno di ricercare, o ritrovare, quella capacità di inventare storie. Sento, da sempre, il richiamo della scrittura. In questi molti anni trascorsi da quando ero solito rifugiarmi in questo mio piccolo vezzo artistico, le idee hanno continuato ad affollare la mente, e molte di esse sono state effettivamente appuntate con l’intento di svilupparle.

Non sono pochi i tentativi di ripresa fatti durante gli anni passati. Tutti inesorabilmente naufragati.

Ho cercato a lungo approcci diversi che potessero aiutarmi. Mi sono alla fine affidato anche ad Internet. Ho scoperto che il mondo è andato avanti. O, forse, che non mi ero mai interessato prima alla ricerca di nuovi strumenti.

Come per quasi ogni cosa, esistono software anche per la scrittura. E non mi riferisco ai Word Editor… di quelli ne è pieno il mondo.

Esistono, ho scoperto, programmi atti ad aiutare nella stesura di un libro.

Sono organizzati in maniera tale da permettere la progettazione di una storia in tutti i suoi aspetti.

Fondamentalmente un libro è costituito da idee e personaggi. Le idee si trasformano poi in azioni, che sono compiute proprio da quei personaggi. A tutto questo bisogna affiancare lo scenario in cui queste azioni si svolgono.

Un software di novel-writing è inteso ad aiutare con la creazione di capitoli, scene, personaggi e luoghi. E con la loro manutenzione ed organizzazione.

Permette di strutturare la timeline del libro, o quella di un personaggio. Si può dare un background a tutto, e visualizzare, quindi, l’evoluzione di ogni sottotrama.

Trovati questi software, mi sono interrogato sulla loro utilità. Più che altro, ho iniziato a riflettere su quanto fosse giusto scrivere una storia usando un software.

In passato ero solito avere un’idea, e trasformarla immediatamente in racconto. Senza troppi passaggi intermedi.

Iniziavo a scrivere, e quando smettevo la storia era finita.

La rilettura e la sistemazione non facevano parte del mio approccio. Quasi tutto quello che ho scritto (inclusi i temi scolastici al liceo) non è stato oggetto di sistemazioni successive.

Così come nasceva, era poi congelato.

Ho scoperto che questa caratteristica fa parte integrante di me. Anche al lavoro, tendo a rileggere pochissimo quello che scrivo, anche nelle email che invio… e questo Blog è zeppo di articoli che non sono stati quasi per nulla revisionati, fatta eccezione per alcune correzioni sintattiche dovute ad errori di battitura.

Il problema di un approccio di questo tipo è che vive di immediatezza.

E patisce la carenza di tempo e di idee forti.

Ho analizzato tutto il materiale incompiuto che avevo, e mi sono accorto che molte delle idee che filtravano da quelle pagine (che di fatto sono da buttare) sono coerenti tra di loro, e sono utilizzabili per un’unica storia, di ben più ampio respiro.

Un libro, probabilmente.

Per darmi una possibilità di portarlo a termine, se mai ci riuscirò, ho capito che mi serviva un aiuto.

Un programma come StoryBook, che è poi quello che ho scelto (per varie ragioni) per strutturare le mie idee, permette di utilizzare comunque un approccio creativo (senza il quale non sarei in grado di scrivere nemmeno una riga) e, successivamente, organizzare il proprio lavoro senza perdere spunti e idee.

Si può iniziare a pensare al protagonista, per esempio. Si crea la sua identità, descrivendone le caratteristiche generali. Ci si può fermare anche al solo nome. Oppure, se si ha uno spunto forte, si può scendere nel dettaglio, affrontando il tema delle sue origini, del suo passato, definendo la data di nascita e, se necessario, quella di morte.

Si può passare alla creazione di luoghi. Vale lo stesso principio: si può dare un nome, o si può aggiungere una sommaria descrizione. Se si vuole, si può entrare molto nello specifico.

La struttura di questi oggetti è assai semplice, ma permette di avere sott’occhio tutto quello che serve per non perdere nei meandri della propria mente quello che in un dato momento abbiamo pensato.

Una sorta di block notes organizzato ad oggetti.

I quali, chiaramente, si possono poi fare interagire. Si può, quindi, creare una scena in cui il personaggio prima definito, in una certa data, si trova nel luogo definito precedentemente. E a questa scena si può aggiungere una descrizione, per definire cosa accade. Si possono prendere appunti, magari definire i punti aperti (che compariranno come cose da fare e potranno essere visualizzate tramite utilissime estrazioni).

Le scene possono essere organizzate in capitoli, e i capitoli in sezioni.

Chiaramente, si possono gestire le sottotrame. Creando quelli che nella traduzione italiana sono detti “punti di vista”, ma che nella versione inglese sono chiamati, con molta più attinenza, “strands” (letteralmente, fili… in pratica le sottotrame di cui parlavo prima).

Ogni scena creata potrà essere collocata in un determinato strand e collegata ad uno o più strands, in maniera tale da evidenziare una sua attinenza con una o più delle trame in cui la storia si articola.

La cosa più utile è la possibilità di pensare ad una struttura e ad una macrotrama.

Si riesce con semplicità a creare i capitoli e le sezioni, descrivendo molto sommariamente di cosa tratteranno.

Al loro interno, poi, si collocheranno le scene.

Si può anche procedere in maniera inversa: si pensa ad un’azione, a qualcosa che accade, e la si crea. Successivamente si cerca di capire dove collocarla in termini di sezione, capitolo e, anche temporali. Si potrà assegnarla ad una sottotrama, e definire luoghi e personaggi. Grazie a semplici strumenti di supporto, si potrà facilmente verificare se tale scena garantisce coerenza alla storia o se va modificata e ricollocata.

Si potrà verificare con semplicità, per esempio, se si sta facendo agire un personaggio in due luoghi diversi nello stesso momento… o semplicemente se si sta creando una scena in cui compare qualcuno che, secondo l’evoluzione delle trame che si sono definite, deve ancora essere presentato. O è già stato rimosso dalla storia.

Si eviterà, infine, che due scene siano collocate temporalmente in ordine inverso.

Di fatto, l’uso di un software di questo tipo permetterà di appuntarsi delle informazioni, anche abbastanza dettagliate, su qualsiasi parte della storia che si sta pensando, anche se non la si è ancora ben definita.

Se, per esempio, si ha una chiara idea di cosa si vuol far succedere alla fine del libro, si può creare un capitolo, inserire dei personaggi o dei luoghi, farli agire in determinate scene e calare il tutto in una o più sottotrame. Si possono inserire degli open points perché, magari, non si ha tutto ben chiaro, così da trovarseli nelle estrazioni delle cose da fare.

Così facendo, quell’idea sul finale che tanto ci piaceva sarà congelata ed assegnata al nostro progetto, e non si perderà.

Certamente, si potrebbe ottenere la stessa cosa anche scrivendo da qualche parte quel pezzo, senza il supporto di software particolari. Quello che, però, si può ottenere utilizzando questo programma (o altri a lui simili) è una coerenza di base del proprio lavoro che, altrimenti, sarebbe difficile da ottenere.

Mentre si scrive, infatti, capita regolarmente di avere idee aggiuntive che, però, modificano drasticamente il futuro della nostra storia.

Introduciamo personaggi, eventi, nuove trame che, se non gestite, rischiano di non incrociare più la direzione che volevamo dare.

E’ possibile che vogliamo mutare direzione al libro, e quindi seguire la nuova marea. In tal caso, basterà verificare, tramite alcuni comodissimi strumenti che StoryBook fornisce, dove le trame che stiamo scrivendo entrano in conflitto.

Potrebbe succedere che un personaggio, che volevamo in una scena a fine libro, sia morto prima, o semplicemente stia facendo altro mentre la scena finale si svolge.

In tal caso uno strumento di questo tipo è in grado di aiutarci facilmente ad individuare il contrasto e risolverlo.

Senza di esso, dovremmo costantemente rileggerci pagine e pagine di libro per capire chi sta facendo cosa, dove e quando.

Perchè sto facendo questo discorso?

Un po’ per dare visibilità ad un prodotto gratuito: la licenza è open per la penultima versione, con solo qualche fastidioso invito a fare donazione sparso qui e lì nei vari campi vuoti delle maschere di scene, capitoli e personaggi. A fronte di una donazione di 10 dollari, si riceve immediatamente l’ultima versione, e scompaiono tutte le fastidiose note di invito. Devo verificare se, a fronte di un aggiornamento, riceverò la nuova versione o, viceversa, sarò di nuovo invitato a donare per averla.

In ogni caso, una licenza di questo tipo per un prodotto assolutamente di livello va pubblicizzata, dato il costo assolutamente non indifferente di altri programmi con simile intento.

In gran parte, però, scrivo tutto questo per tener traccia di mie riflessioni. Per chiarirle, e chiarirmi. E per invitare me, e chiunque legga, a cercare in ogni modo di perseguire le proprie passioni, anche se non sono destinate a portare ad un risultato assolutamente tangibile.

In questi anni mi è sempre mancato il poter fare quello che, prima, facevo con tanta semplicità.

Ho voglia di riprendere contatto con questa parte di me, e trovo che l’utilizzo di strumenti che possano focalizzare gli sforzi sia un’ottima maniera di utilizzare l’evoluzione tecnologica per affiancare e supportare l’atto creativo.

Sarete sempre voi a scrivere. Il programma non è fatto per contenere il libro, ma solo per definirne la struttura e permettere, con poche righe, di dare una definizione ad ogni scena che compone la nostra storia.

Il vostro libro sarà sempre contenuto in una serie di fogli bianchi… reali o virtuali ha poca importanza. Sarà sempre del testo su una superficie che prima era vuota quello che darà vita alle vostre idee.

So che qualcuno potrebbe storcere il naso. Considerare l’uso di un programma per gestire qualcosa che, di fatto, nasce come atto creativo, e non come un progetto da monitorare ed organizzare, è un passaggio non sempre accettabile.

Sarà che, in questa fase, l’approccio razionale e strutturato sta di fatto affiancando, e quasi sorpassando, quello caotico e puramente creativo che mi contraddistingueva nel passato.

Sarà che ormai, per potermi ritagliare del tempo da dedicare a questa parte di me devo incastrare mille altre cose che mi rapiscono di continuo, e quindi uno strumento di supporto, che permetta alle idee di svilupparsi grazie ad una struttura, e di non perdersi, è esattamente ciò che può far la differenza tra realizzare qualcosa di compiuto e fermarsi senza aver dato un senso al lavoro fatto.

Sarà, forse, che ogni cambio di approccio mi intriga sempre, e riesce a rilanciare qualcosa che, senza di esso, si stava arenando.

O sarà, infine, che soltanto così riesco ad avere chiaro ciò che si affolla nella mia testa, e che ho bisogno di formalizzare per poi lavorare al suo sviluppo.

Di fatto ho scoperto StoryBook, e ho iniziato ad apprezzarlo mentre lo utilizzavo.

Il progetto della mia storia è attivo. La sua realizzazione molto lenta. Forse non arriverò al termine, o magari si. Quello che per me conta di più, alla fine, è il processo di genesi piuttosto che il risultato finale. Se questo arriverà, sarà di sicuro un motivo di ulteriore soddisfazione.

Altrimenti avrò ottenuto, in ogni caso, di poter oliare di nuovo quegli ingranaggi un po’ arrugginiti, e di trovare un canale di sfogo a ciò che affolla la mia mente di continuo. Questo anche grazie ad uno strumento. O più di uno.

L’idea è nostra, la realizzazione anche. Il canale di espressione lo decidiamo noi. Il mezzo, spesso, potrebbe non esser nostro. Potremmo necessitare di mezzi e strumenti da posizionare in quel canale per aiutare il flusso nella sua transizione. In ogni caso, se arriveremo lì dove volevamo, essi avranno ben svolto il loro ruolo.

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