L’illustre banalità dell’ordinario

L’illustre banalità dell’ordinario

Quasi ogni giorno mi trovo a riflettere (attività che purtroppo tende ad occupare una percentuale del mio tempo superiore all’atteso) su quello che mi accade attorno. Osservare le azioni e le reazioni delle persone alle reciproche interazioni è sempre un’esperienza esaltante, in quanto permette di arrivare a comprendere molto più di quello che sarebbe consentito se ci basassimo soltanto sulle nostre personali vicende.
Ragionavo sul perché siamo in tanti ad avere una vita sentimentale disastrata, o comunque totalmente oscillante tra condizioni estreme di esaltazione e di depressione (incluse le fasi intermedie, ma non sempre…).
Ho pensato che, chiaramente, essendo cambiata la società e le sue regole, sono mutate di conseguenza anche le nostre storie e le nostre prospettive. Il punto è che questo è solo uno degli aspetti. Di sicuro è alla base della mutazione che stiamo vivendo, ma non basta a spiegare, poi, come si arrivi ad impattare una sfera che, tendenzialmente, dovrebbe mantenere alcune sue regole, indipendentemente dalla mutazione societaria.
Di fatto l’approccio alle relazioni sentimentali ha moltissimi aspetti in comune in ambienti che hanno, invece, una struttura civica profondamente differente tra loro. La ragione (una, almeno) di questo potrebbe risiedere nel fatto che queste relazioni si basano su istinti basilari, semplici. Il soddisfacimento di questi istinti ha una sua realizzazione intrinseca, che prescinde dal posto e dalle regole che gli si applicano.
Ma allora perché si riscontra una tale difficoltà di relazione? Perché tanti trentenni si trovano ancora, come il sottoscritto, a non sapere bene cosa vogliano, e a non trovare qualcuno con cui trascorrere con soddisfazione gli anni a venire?
Non posseggo, chiaramente, le risposte a tali quesiti… né ritengo di poter dare una risposta (se ne avete una, mettetevi in contatto con me, che mi interessa!!!). Stavo, però, ragionando su quanto il tema del “trovare la persona giusta” possa essere legato a quello del “sapere cosa sia giusto per noi”.
Questo secondo aspetto, ad esempio, è estremamente più soggetto del primo a mutazioni a causa di eventi esterni. Cambiamenti nella struttura sociale, nelle prospettive future che si percepiscono, nella stabilità politica che si subisce sono tutte modificazioni che impattano sull’idea di giustizia che si ha… e questo influisce anche su come ci si rapporta nei confronti della consapevolezza di ciò che vogliamo (in quanto volere qualcosa presuppone che si reputi questo qualcosa adatto ai nostri scopi… e quindi tutto questo fa riferimento al fatto che si abbia un’idea precisa di dove si voglia andare).
L’indecisione regna sovrana. Si vive e si lavora cercando di passare la giornata, consci del fatto che il futuro è assolutamente variabile e non garantito. In questa atmosfera, si tende a percepire come un risultato l’aver superato la notte… e come un disastro il dover affrontare un nuovo giorno.
Le sfide che abbiamo dinnanzi non sono più soltanto quelle relative al nostro futuro, ma piuttosto diventano battaglie da affrontare tutte le singole difficoltà quotidiane, e si perde di vista l’obbiettivo a lungo termine. Si investono energie che non si hanno nel tentativo di realizzare i risultati della giornata, e si rimane senza più idee circa cosa si vorrebbe per il proprio futuro (quale futuro, poi? Quello che sappiamo essere incerto e non garantito?). Si sposa sempre di più la regola del “meglio un uovo oggi che una gallina domani”, visto che quella gallina, sempre che arrvi, si sospetta che potrebbe avere l’aviaria… o che potrebbe essere abbattuta da un kamikaze o da un talebano… o che magari è una gallina importata illegalmente o comunque potrebbe esserci data sotto un contratto che nasconde delle fregature notevoli.
Insomma… si vive oggi, e si guarda a ieri. Le persone che ci stanno attorno vengono valutate sul breve periodo… e non si affronta più un rapporto con l’idea di costruire una vita.
Il problema non è più incentrato sulla difficoltà di trovare la persona giusta, ma si è ormai spostato sul fatto, più importante, di capire se siamo noi stessi quelli giusti per la nostra vita. Degli altri che ci stanno attorno, sappiamo già che saranno comunque parentesi. Noi, alla fine, saremo costretti a vivere con noi stessi fino all’ultimo istante. Su questo non esiste nessun dubbio. La percezione di questa cosa non è sempre presente e viva, ma comunque il suo significato e le sue implicazioni lo sono (poiché le percepiamo a pelle).
Si affronta con energia tutto quello che presenta una sfida. Come piccoli soldatini, se ci viene dato un incarico, lo prendiamo di petto e cerchiamo di spuntarla. Le storie che viviamo sono in gran parte permeate dall’obbiettivo di sopravvivere, e di vincere la battaglia. Di quale guerra non si sa bene… ma la si combatte ugualmente.
Notavo come sia più semplice farsi prendere da qualcosa che risulta di complessa attuazione piuttosto che, invece, guardare veramente a quello che si ha. Ed acettarlo.
Un tempo si poteva pensare a trovare una persona che ci stesse accanto. La società dava delle speranze, malgrado si versasse in condizioni ben peggiori di quelle odierne. Ma probabilmente si viveva con più prospettiva quella che era la vita che ci veniva data. Si pensava a trovare qualcuno da amare, ma non solo. Da tenersi accanto. Da rispettare. Con cui costruire un percorso.
Oggi il solo percorso che si pensa a costruire è quello che ci porti ad obbiettivi che reputiamo importanti per noi. E l’importanza, ormai, è su quello che di più precario c’è adesso: il lavoro, l’indipendenza.
Si affrontano sfide coraggiose lì dove ci si aspetta di ottenere un risultato. Ma difficilmente si arriva a domandarsi se al nostro fianco ci sia già, o ci possa essere, qualcuno di importante.
Tutto questo sarà probabilmente qualcosa di molto soggettivo… ed in effetti sono considerazioni che nascono e muoiono all’interno di quella che è la mia vita. In fondo, però, sono io che sto scrivendo, e quindi è naturale che non possa dare opinioni che siano universalmente accettate.
Vedo, però, attorno a me tante persone che non hanno idea di cosa vogliano, e quindi non posso fare altro che interrogarmi sul perché molte delle mie sensazioni non siano solo mie, ma vengano condivise e vissute da altri.
Cosa cerco? Chi dovrebbe essere la persona “giusta” per me? Quella di cui dovessi innamorarmi? Ma che significato do a questa parola, al concetto che porta con sé?
Boh… tanti quesiti, poche risposte… di sicuro c’è soltanto l’incertezza, alla fine… e il fatto che tendo a sottovalutare l’importanza di alcune cose. Ci sono momenti in cui lo scopo finale non è assolutamente chiaro. E allora improvvisamente diventa oscuro anche il significato di quello che sto facendo. O pensando.
Quando accade, sento poi il bisogno di vagare un po’… di lasciare che le idee prendano consistenza e che qualcosa arrivi a trovare il suo significato.
Ora è quel momento… lo è da un pezzo.

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