4 mani e via…

4 mani e via…

Il tema del giorno è, necessariamente, il ritorno dalle ferie.

Vacanze. Un po’ come dire format c: o qualcosa di simile.

Si prende la Reflex, gli iPhone (notato il plurale? non è un errore…), i vestiti (il tutto esattamente in questo ordine)… e si va.

In genere tende a non essere molto importante il luogo di destinazione. Si deve andare. Si DEVE. E’ indispensabile che le ferie vengano spese in posti diversi da casa. O, perlomeno, questo è un po’ il sentire comune. La tendenza è quella di cercare la migliore combinazione ed il miglior rapporto qualità/prezzo per agevolare la bradipizzazione neuronale e garantire alle sinapsi tutte un gradevole vuoto cosmico in cui navigare e perdersi.

Si torna, e la vita comune piomba di nuovo sulle teste del depresso ex-vacanziero.

Le ferie sono finite. E’ ufficiale. Domani si torna a lavoro. Per me, non potrebbe esserci ritorno peggiore. Nulla di certo, nulla di nuovo… solo tante vecchie rogne che ritornano sulle spalle.

Finiscono le due settimane libere, una trascorsa al freddo del Baltico, l’altra al caldo del mare campano (Palinuro), ed inizia un nuovo periodo fatto di stress, momenti di soddisfazione, delusioni e quant’altro la vita lavorativa e personale ci offre quando non siamo in vacanza.

Nuove sfide, nuovi rapporti umani, nuove vittorie e, purtroppo, nuove sconfitte.

Ci si ritrova con tutti quei propositi fatti prima dell’estate, con tutte le azioni rimandate “a Settembre”, come se questo mese fosse in un’altra vita, lontano da noi. Troviamo le nostre scrivanie (quelle fisiche e quelle mentali) piene di fogli che abbiamo posato lì, troppo stanchi per occuparcene prima delle agognate ferie, ma che richiedono la nostra attenzione.

Il mondo si è fermato, ma soltanto per noi. Quell’atmosfera sognante che abbiamo vissuto in questi giorni, quando facevamo seguire al risveglio una lauta colazione e la pianificazione della giornata (quali musei vedere, in che spiaggia andare, in quale locale mangiare, etc.), e quando trascorrevamo poi le ore a goderci, in qualche posto più o meno sperduto, tutto quello che normalmente ci è negato dalle attività quotidiane, quell’atmosfera inizia a dissolversi qualche giorno prima della fine delle vacanze.

In genere il punto di non ritorno è il mercoledì dell’ultima settimana. A partire dal giorno successivo, in genere, iniziano le prime telefonate di lavoro, si comincia a pensare a cosa si dovrà fare il lunedì successivo, ci si organizza mentalmente e si prendono appuntamenti che prima non si sarebbero nemmeno valutati. Se fino a quel momento l’atteggiamento era del tipo: “Sono in ferie, parli con Tizio, per favore”, ora diventa più facilmente qualcosa di più simile al tristemente noto: “Sono in ferie, torno lunedì e ne parliamo. Intanto mi mandi una mail così mi ricordo”.

Si torna. Si riemerge da un mondo protetto, sicuro, in cui abbiamo il completo controllo del nostro tempo e si converge verso un mondo ostile, in cui il tempo è sempre troppo poco per fare quello che avremmo dovuto già finire ieri.

Si torna. La mente comincia a prendere contatto con la realtà dei fatti. Le sinapsi percepiscono la fine del tunnel sotto vuoto ed iniziano ad agitarsi. La corteccia cerebrale si scrolla di dosso il torpore che ha utilizzato come strumento di relax, porge rassegnata i polsi ed accetta con mestizia la fine della sua “ora d’aria”. Si torna a lavoro. Si ricomincia il giro.

Coraggio a quattro mani (due non bastano, davvero…), e si riparte.

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