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Un momento di svago

UN MOMENTO DI SVAGO – Gennaio 1997

Stava accelerando. Lentamente.
Non ne capiva il perché, ma quell’uomo lo stava facendo.
Provò anche lui ad aumentare la velocità, ma al suo tentativo l’altro rispose con un’ulteriore pressione sul pedale dell’acceleratore.
Le due auto erano affiancate, e quella era una situazione pericolosa.
La strada era stata lunga: quel viaggio lo aveva molto stancato. Se fosse stato da solo, probabilmente avrebbe accelerato ancora, deciso a sorpassare quel maleducato e, soprattutto, ansioso di mettere piede nella sua bella casa, e distendersi. Sì, lo avrebbe fatto.
Non per divertimento: non aveva mai sopportato le gare tra automobili!
Ma sarebbe stato più che felice di lasciarsi alle spalle un tipo che, invece, di gare aveva voglia.
Sì, se fosse stato solo, probabilmente l’avrebbe fatto.
Ma in quella macchina, accanto a lui, c’era anche sua moglie, e non se la sentiva di prendere troppi rischi.
La velocità era già notevole, e Greg era un tipo tranquillo, cauto, amante della sicurezza.
La loro station-wagon aveva tutti i comfort dell’ultima moda, ed era sicuramente una macchina sicura.
Ma decisamente non avrebbe accelerato ancora.
E difatti non lo fece. Anzi, per evitare di restare pericolosamente nella corsia di marcia destinata alla circolazione in senso opposto, rallentò.
Anche la Mercedes, che stava da ormai qualche minuto affiancata alla loro Opel, rallentò, restando accanto a loro.
Dannazione!
Maledetto il momento in cui aveva deciso di sorpassare! Ma quella macchina andava veramente piano, e la strada davanti a loro era sgombra… Decelerò ancora di più, portandosi alla velocità di quarantacinque chilometri orari. Anche la Mercedes lo seguì nella manovra.
Stava sopraggiungendo una vettura.
Strinse i denti e suonò forte il clacson, per avvertire il conducente che gli veniva incontro di fare attenzione. Si accostò alla macchina che lo stava mettendo in pericolo.
Riuscì a far passare l’automobile, e si allargò di nuovo, per evitare di toccare la Mercedes. Ma non prima di aver gettato uno sguardo a quel folle che stava giocando con le loro vite. I vetri erano bruniti, e riuscì a scorgere ben poco.
Cloris si era svegliata. Abbassò il finestrino dalla parte della moglie, ed urlò al conducente dell’altra macchina di fermarsi.
Cosa diavolo avesse in mente, non lo sapeva.
Ma doveva essere matto, per comportarsi così.
Si udirono dei colpi di clacson: erano alcune vetture dietro di loro che, ignare del pericolo che avevano davanti, si erano stancate del trambusto, e volevano passare.
Greg le accontentò, accostandosi ancora una volta alla Mercedes.
Transitate che furono, accelerò bruscamente, cercando di accodarsi ad esse e rientrare nella propria corsia. Ma sembrava che l’altro avesse il pedale dell’acceleratore sintonizzato sul suo piede!
Frenò di colpo, inchiodando le ruote, mentre Cloris iniziò a temere il peggio.
Era quasi buio, e la strada era illuminata solo dai fari delle auto e dagli scarsi e radi lampioni.
Anche questa mossa venne copiata dalla Mercedes, e la situazione non cambiò.
Dietro di loro si stava creando una lunga coda di macchine, e tutte erano ansiose di passare. Si fece superare senza troppe difficoltà.
Fu quindi costretto a riprendere la marcia, sempre in quella pericolosa situazione.
Riuscì ad anticipare miracolosamente il transito di varie auto provenienti dal senso opposto, accostandosi alla Mercedes.
La paura aumentava. L’altro pareva fare sul serio: non riusciva a rientrare nella sua corsia!
Un’idea sopraggiunse fulminea nella sua mente.
Inchiodò all’istante, ingranando la retromarcia.
Fortunatamente, dietro di loro non c’era più nessuno, ed accelerò, infilando la coda della Opel nella corsia di destra.
Voltò un attimo la testa in avanti, ed ebbe appena il tempo di vedere che l’altro aveva effettuato la medesima manovra, e che la Mercedes avrebbe urtato violentemente il suo retrotreno.
Bloccò le ruote e ripartì sfrigolando a marcia avanti, riuscendo a conquistare ancora qualche decina di centimetri della sua corsia.
Improvvisamente il mondo tremò, e la sua auto venne spedita in testacoda, mentre l’altra la seguiva nella manovra, inesorabile.
Ancora stordito, Greg premette il pedale dell’acceleratore… voltò il capo verso destra, aspettandosi di vedere il cofano del suo persecutore… niente… era libero… non vedeva più l’altra macchina.
Ma… un momento!… Qualcosa non andava!
Non era la direzione giusta!
Stava marciando nel senso opposto a quello di prima!
Cloris lo fissava, attonita, incredula, stupita.
Nei suoi occhi si leggeva quell’espressione di terrore che non è possibile descrivere a parole, quella paura che invade tutto, che disintegra ogni coscienza.
Iniziò a portarsi nella corsia di marcia normale.
Alla sua destra, proprio nel punto che avrebbe dovuto occupare lui, del grigio: la Mercedes!
Urlò. Forse era terrore, quello che il suo grido esprimeva, forse paura, ma forse era altro, forse c’era qualcosa di più… o di meno.
Sapeva che non avrebbe potuto spuntarla sull’altro semplicemente con gli insulsi trucchetti adottati prima: doveva escogitare qualcos’altro!
Forse avrebbe potuto… ma certo!
Le uscite!
Doveva trovarne una, sulla sinistra: normalmente non avrebbe potuto svoltare da quel lato… c’era la striscia continua al centro della strada.
Ma nessuno avrebbe detto nulla. L’uscita, inoltre, lo avrebbe portato nella direzione giusta, visto che ora marciava nel senso sbagliato!
Sorrise a Cloris, e le disse di stare tranquilla: aveva trovato il modo di fregare quel bastardo!
Lei sciolse per un istante la sua smorfia di gelo, trasformandola in qualcosa di più umano, ma l’istante durò veramente poco, e Cloris tornò al suo terrore.
Davanti a loro, qualcosa di enorme procedeva a velocità sostenuta.
Qualcosa di veramente grande stava avanzando verso di loro.
Greg era sulla corsia sbagliata, aveva invaso il senso opposto di marcia, non certo per sua volontà.
Ma il risultato non cambiava: quell’autotreno non sarebbe potuto passare come le altre macchine!
Cercò di accelerare, poi di rallentare, ma la Mercedes faceva altrettanto, mantenendo invariata la situazione.
Vedeva le luci sugli angoli superiori e laterali del camion, e vedeva la sua massa enorme davanti a sé.
Un muto grido di stupore, o forse di terrore, o di rabbia, o di tutto questo insieme, si stampò sul volto dei due coniugi mentre la loro auto veniva travolta dal pesante mezzo, intento in un’inutile quanto insidiosa frenata che lo aveva posizionato leggermente di traverso.
L’ultima cosa che Greg vide prima che calasse il nero, fu la Mercedes che accelerava e passava tra il gigante della strada ed il limite della carreggiata.
In quell’istante, il giusto senso di marcia sarebbe stato libero. Ma era troppo tardi.
**********
Quando vennero a recuperare i resti dell’auto ed a fare i rilievi sul luogo del mortale incidente, trovarono carbonizzato ciò che restava della macchina e dei due corpi, ancora seduti.
Due lunghe striscie nere di gomma segnavano l’asfalto per un tratto di circa venti metri dietro al groviglio di lamiere.
Come un sentiero oscuro, esse portavano alla morte, solcando il terreno come un gelido tracciato di fuoco, e segnavano inesorabili gli ultimi metri dell’ultimo viaggio.
Sul volto bruciato di Cloris e Greg si scorgeva ancora l’espressione che li aveva accompagnati attraverso il terrore e la morte.
**********
La Mercedes sfrecciò via, mentre l’uomo si voltò a godersi lo spettacolo da lui tanto pregustato in quei lunghi minuti precedenti alla fine.
Un sorriso largo si stampò sul suo volto, mentre afferrava il cellulare e chiamava la polizia.
Telefonò anche al soccorso stradale, avvertendo che si era verificato un grave incidente.
Non lasciò il suo nome. Sorrise.
Attaccò il telefono mentre la donna che gli aveva risposto stava ancora parlando, cercando di capire chi fosse, se fosse uno scherzo, di prendere contemporaneamente i dati che lui le stava trasmettendo, annotarli per poi mandare una pattuglia.
E, ovviamente, cercando di intercettare la telefonata. Lo facevano sempre.
Lo sapeva.
Per questo parlò poco e con estrema precisione.
Adesso si sentiva meglio: poteva continuare.
C’era sua moglie a casa, ad attenderlo, ed i suoi due bambini.
Come al solito, avrebbe portato l’auto a riparare e, la mattina seguente, l’avrebbe ritirata, nuova. Certamente.
Come al solito.
Come sempre.
Quella era stata una dura giornata. Meno male che, di tanto in tanto, poteva prendersi qualche svago!

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