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Processo Mentale

PROCESSO MENTALE – Settembre 1998

So che tutto ciò è assurdo, ma la mente vaga, spazia senza posa, e tocca cose, trae pensieri, immagini, sentimenti da ognuna di esse, penetrando l’inconscio e tornando carica di emozioni alla razionalità odierna.

Sono lucido, adesso, oppure devo ancora temere la tempesta che si è scatenata e che mi ha travolto, abbandonato e poi ancora preso con sé molte volte ormai?

Forse è tutta illusione, il pensare di aver tratto conclusioni, osservazioni esatte da avvenimenti confusi e, forse, fin troppo irreali per essere compresi.

Forse, per questo, mi inganno, e ciò mi porterà alla fine, ma forse tutto ciò è realmente esistito, accaduto.

La mia vita è felice, ho praticamente tutto ciò che ho sempre voluto e che mai mi sono potuto permettere. Finora avevo anche la salute.

Ma da quando ho iniziato questa nuova vita in questo nuovo posto, tutto è cambiato. Tutto.

Anche i miei pensieri.

Tutto ciò che accade mi perseguita, si insinua dentro di me, permettendo al terrore di invadere pian piano le mie membra.

Potrei adesso tentare di parlare con calma di tutto ciò che mi ha portato a questo, ma purtroppo i pensieri che mi colmano si incrociano l’un l’altro e non mi permettono di avere, nemmeno nella mia mente, un quadro unitario e cronologico.

Per questo spero di riuscire a rendere ugualmente il punto delle mie angosce, pur senza sapere forse nemmeno quali realmente esse siano.

Fu quel giorno, quell’unico giorno quando, mi trovavo nella mia stanza, iniziò in me il processo che avrebbe scatenato una reazione a catena.

Fu a quell’ora, quella in cui di solito i bimbi dormono, gli adulti vegliano, impegnati in qualche attività e… i vampiri iniziano la loro vita.

Fu proprio allora che un pensiero sorse unico e tormentoso al centro della mia mente.

Ero, non so perché, impegnato nel non fare nulla, in uno di quei numerosi momenti “di passaggio”, tra un’attività ed un’altra. Non riuscivo più a concentrarmi, e continuavo ad andare su e giù per la mia stanza, poggiando e raccogliendo oggetti, guardandoli senza vederli.

Improvvisamente mi venne da ragionare su cosa avessi fatto se quell’istante si fosse prolungato all’infinito, fermandosi come congelato, ed io fossi rimasto imprigionato in quella ragnatela di azioni senza motivo, invischiato nell’inutilità del momento.

Iniziai ad immaginare ed a scorrere con la mente quale potesse essere l’istante che, nella scelta obbligata, avrei preferito vedere moltiplicato fino all’eterno.

In quale momento della mia esistenza mi sarei gettato in un Buco Nero, bloccando il tempo e godendomi per sempre la gioia di quell’eterno?

Riflettei per alcuni istanti, intento nella mia inutile attività, e ne uscii spaventato: avrei potuto scegliere io quale momento della mia vita prolungare all’infinito, o sarei stato colto alla sprovvista, preso d’improvviso nella trappola dell’eternità, senza poter sapere quale istante avrebbe caratterizzato tutto il resto della mia esistenza?

E’ un po’ come pensare a quello che da sempre nel catechismo della religione cristiana insegnano: che per una sola azione ci si può o meno guadagnare quella che viene chiamata “la vita eterna”.

Quale sarebbe stata la mia prossima esistenza, ponendo, magari, proprio quell’istante in cui ora riflettevo, immerso in inutilità, come l’infinito proseguo?

Avrei continuato a vagare per i venticinque metri quadrati della mia stanza, posando e raccogliendo oggetti, riflettendo su tutto ciò in un circolo continuo ed eterno?

Pensai che simile a questo potesse essere considerata la “noia”, lo stato di inerzia, quel senso di scoramento e rabbia, la malattia che affligge e disintegra l’operosità propria di ogni essere umano.

Forse la mia anima è troppo sconvolta, la mente in subbuglio per tutto ciò che da questi semplici pensieri è scaturito, per poter chiarire a qualcuno che posasse lo sguardo a queste frasi confuse, quale sia realmente il dramma che da allora mi affligge e che mi ha profondamente mutato.

Ma forse proprio questo stato di eccitazione psichica, di frenesia di vita, mi permetterà di esorcizzare con questi fogli il dubbio più atroce che possa mai cogliere una mente pensante, l’orrenda scoperta che tuttora fa rabbrividire le mie membra e congela il mio liquido vitale nelle sue sedi.

Forse riuscirò ad eliminare tramite l’inchiostro di questa penna il germe mortale che si è insinuato in me.

Ma forse no. Ed è questo che mi spaventa, e che mi darebbe la conferma di quello che ora mi appare solo come sospetto: l’inutilità completa di ogni mio gesto.

Perfino il tentare di sapere, allora, mi si mostrerebbe vano, poiché le mie conoscenze, e quelle del genere umano intero, sono limitate e strettamente legate al punto di osservazione… questo se, come io voglio credere che sia, presupponiamo l’esistenza, al di là di tutto, di qualcosa superiore a noi.

Quell’istante mi aprì la strada al tormento continuo.

Passai alcuni giorni, o mesi, o anni, questo non lo so, vagando senza meta per la mia casa, cercando di organizzare tutto per non restare mai senza una precisa ed utile occupazione. Iniziai, però, a chiedermi cosa fosse utile o meno ai fini di… di chissà cosa.

Trascorsi, così, momenti di assoluta inerzia alternati a giorni interi di frenetica attività, terrorizzato, al pensiero di poter essere colto dall’inaspettata eternità di un momento, soprattutto durante le ore notturne che trascorsi sveglio, al buio, madido di sudore, gli occhi spalancati ed insonni, i pensieri che si soffermavano insistenti sulla possibile vicinanza della fine, che avrebbe proiettato all’infinito uno degli istanti della mia esistenza.

Quella notte stessa? L’indomani? Quando? Come?

Questi gli interrogativi che percuotevano incessanti la mia mente, offuscandola nella continua ricerca di inutili risposte ed ancor più inutili soluzioni.

Non riuscii più a concentrarmi, e da allora l’unico momento di “tregua” che riuscii a procurarmi tra la nebbia più profonda che i avvolge, è stato quello in cui decisi di scrivere le presenti riflessioni.

Istanti su istanti si sovrapposero gli uni sugli altri, tutti perfettamente inutili.

È un po’ come pensare a cosa siano mai servite quelle oscure e miserevoli esistenze di tutti gli uomini che sono scomparsi dalla faccia della terra senza clamore, così come erano giunti, ignoti, tranne a loro stessi: è inutile pensarci, poiché non siamo noi adatti a giudicare nessuno tranne forse noi stessi, e spesso neanche siamo in grado di fare questo.

Bisognerebbe chiedere a quel qualcosa di superiore a noi che c’è, poiché allora potremmo avere tutte le risposte, e finalmente uscire da una ragnatela di inutilità, di non conoscenza.

Nell’angoscia di sapere quando e come sarebbe giunto a sorprendermi l’infinito, i miei pensieri si alienarono, rincorrendosi come un cane tenta di raggiungere la propria coda, non riuscendo ad arrivare ad un termine ultimo, a qualcosa che potesse riscuotermi dal torpore e donarmi quel momento di gioia eterna dopo un’eternità di inutile e vano.

L’orrore, il puro terrore e l’angoscia era quella di restare senza un’attività da svolgere, anche nella piena incoscienza di farlo, di cadere nella “noia”, in quel gorgo di sensazioni a catena che portano ad un’inutile fine.

Sono riuscito ad emergere da tutto ciò soltanto il tempo necessario a trasferire tutti i miei pensieri su questa fedele carta, ma ora mi accorgo che tutto ciò non è servito a migliorare punto la mia situazione, e l’angoscia inizia nuovamente ad impadronirsi della mia mente.

Ma qualcosa di differente ora c’è, rispetto a quando tutto ciò ha avuto inizio (in un tempo remoto, probabilmente, forse addirittura estraneo alla mia esistenza, tanto che mi sembra di aver sempre vissuto in quello stato di torpore): ora posseggo una ricchezza immensa, che potrebbe risolvere infine tutto quello che finora mi ha afflitto.

Adesso, finalmente, ho un attimo, quello che proietterò nell’eterno.

Ho capito che la scelta sta a me, e sfrutterò questa occasione, prima di ripiombare, probabilmente per sempre, nell’inutilità più completa.

Ora so che è inutile aspettare, nell’angoscia di non sapere! Probabilmente aprirò il terzo cassetto, dal quale, lì da chissà quanto tempo, estrarrò l’oggetto che chiuderà il contatto presente e mi aprirà all’immenso, nell’istante forse più lucido di tutta la mia vita.

Forse ho già in mano la via di salvezza, ma non riesco a vederla.

Senti il peso del suo metallo levigato, ed il mio indice… non riesco a vederlo, la vista è come appannata… non posso più continuare a scrivere… il mio indice sta saggiando un lembo di metallo, quasi lo tira a sé, afferra ora pienamente il grilletto.

La sicura è tolta…

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