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L’ultimo Battito

L’ULTIMO BATTITO – 28 Agosto 2008

Tump.

Lampi di luce e puntini luminosi negli occhi.

I pensieri non esistevano più. Era tardi, ormai. Ogni cosa lentamente svaniva davanti al suo sguardo vuoto, mentre soltanto miliardi di stelline luminose ondeggiavano nello spazio quasi vuoto che si sostituiva al mondo finora conosciuto come tale.

Non avrebbe mai creduto che tutto fosse così facile… e che nessuna sensazione sgradevole avvolgesse quegli ultimi momenti.

Eppure in quell’istante esatto il mondo aveva raggiunto il minimo storico nel panorama dei suoi interessi, ed ogni molecola del suo essere era concentrata nell’intento di raggiungere quel puntino lontano.

Proprio quello che, adesso, stava catturando la sua attenzione, malgrado le stelline e le luci vorticanti.

Tump.

La vista oscillò, poi si riprese.

Come se bastasse il solo battito del suo cuore per destabilizzare quel difficile e precario equilibrio che, in quel momento, era tutto ciò che gli restava.

Le stelline vibrarono, quasi all’unisono, in una danza frenetica che durò pochi istanti e terminò con una nuova situazione di stasi nel firmamento che si era appena manifestato al suo sguardo opaco e cieco.

Fu di nuovo tutto fermo davanti a sé ed i suoi occhi si fissarono ancora su quel puntino.

Era più luminoso degli altri.

Si ingigantiva lentamente. Molto lentamente, ma in maniera sensibile.

Tump.

Ancora una vibrazione, che scosse il suo mondo e i suoi pensieri.

Stava cedendo. Il suo cuore rallentava il battito, e la vita fluiva.

Quella vita che lo aveva fatto volare alto, e lo aveva abbattuto. Ed entusiasmato, ed affranto.

E coinvolto, appassionato.

38 brevissimi anni… quanti… 13 mila e rotti giorni? 300 mila ore? Non era importante quanto… contava probabilmente come…

Era un come della miglior specie. Milioni di minuti, miliardi di secondi. Ed ogni battito del suo cuore aveva consumato uno di quei secondi e lo aveva avvicinato a questo momento, quando quel ritmo che aveva scandito la sua vita senza farsi notare, quasi qualcosa di segreto che il suo corpo gestiva senza farne troppa pubblicità, diveniva improvvisamente il solo rumore che le sue orecchie fossero in grado di intendere in un mondo altrimenti fattosi silente.

Tump.

Esplosione di luci, quasi dolorosa, ma in fondo piacevole. Ogni impulso che mostrasse tracce di vita era in realtà fonte di piacere. Gli permetteva di assaporare quel momento, malgrado fosse uno degli ultimi prima dello spegnimento. Poteva vedere solo quel puntino, ora più grande, quasi un richiamo lontano che si stesse man mano espandendo a divenire il fulcro vitale di quegli ultimi sprazzi di umana realtà.

Lo avrebbe raggiunto? E poi, cosa sarebbe accaduto?

Dove si trovava? Nella sua casa? Non lo ricordava più, si accorse. Non riusciva a concentrare il pensiero sul mondo circostante… forse non poteva farlo perché quel mondo era già fuori della sua portata. O, forse, in realtà, quel mondo aveva davvero poca importanza, almeno in quel suo ultimo momento.

Si diventa egoisti alla fine? Non può essere egoismo dedicare a se stessi l’istante finale della propria vita. L’intera sua esistenza era stata un oscillare continuo. Una vita di qualità, solo troppo poco dedicata alle sue passioni. In fondo, come si può essere concentrati su se stessi quando la maggior parte del tempo si vive la vita di qualcun altro?

Tump.

Vibrazioni che spegnevano. Scosse che accendevano, stelline che oscuravano quel mondo che lo stava rinnegando.

Non sentiva dolore. Non ricordava neppure quale evento lo avesse portato in quella situazione. Non era importante.

Era importante, adesso, raggiungere quel puntino luminoso che si stava avvicinando. Lo sentiva, era forse l’unica cosa chiara che poteva in quel momento avvertire, fatta eccezione per quel battito che scandiva il suo addio alla vita.

Mille domande, nessuna risposta che contasse davvero. Domande su cose che, adesso, sembravano così lontane ed irreali.

Ricordava quei problemi, eppure, adesso, si chiedeva perché mai fossero tali quando, d’improvviso, sembrava tutto così semplice, chiaro… al limite del banale.

Era tutto molto scuro, tranne quelle stelle e quel puntino.

Tump.

La solita scossa. Avrebbe finito per affezionarsi anche ad essa, se non fosse che, ormai, era davvero troppo tardi per questo.

Troppo tardi davvero.

Il firmamento virtuale che si era venuto a creare davanti ai suoi occhi si stava spegnendo, mentre soltanto quel puntino restava e si ingigantiva, avvicinandosi a lui senza posa.

In una lenta ed ammaliante sinuosa spirale convergente che stava catturando la sua attenzione, distogliendola da tutto il resto.

Non che ci fosse molto a poterlo interessare, in quel momento. Forse qualche barlume del mondo reale che lo circondava e che, tuttavia, non riusciva a riconoscere.

Forse quei lampi di luce che, a tratti, sembravano proiettare davanti a lui delle istantanee di quello che, ormai, senza dubbio, costituiva il suo passato.

Un passato che, adesso, era tutto ciò che gli restava.

Tump.

Vedeva  delle forme.

Oggetti sullo sfondo.

Forse mobili, forse persone. Forse un giardino, ma nulla di riconoscibile a parte quel puntino. Una sfera, ormai, che occupava già una buona fetta del suo campo visivo già di per sé ridotto dall’imminenza della dipartita da questo mondo.

Scorse un movimento, o così gli parve. Qualcosa che lasciò una delicata scia davanti alla sfera di luce.

Una persona, forse. Una voce sembrò rompere quel silenzio che lo stava accompagnando oltre le sue personali colonne d’Ercole.

Ma nulla di certo, forse solo immaginazione.

Fu un attimo, ma servì a riportarlo un poco più vicino a ciò che stava abbandonando.

Un tremito lo scosse, e fu improvvisamente consapevole di sentire freddo. Anche l’abbraccio del calore lo stava lasciando. Il suo sangue rallentava, non più pompato a dovere da quel muscolo che stava vicino al suo pensionamento.

Quella macchina meravigliosa che, fino ad ora, aveva costituito il suo giovane corpo iniziava la sua personale procedura di spegnimento. Era un’esperienza unica, una sensazione eccezionale.

Se non fosse che sarebbe stata l’ultima a provare, avrebbe voluto tenere ben vivo questo ricordo e portarlo con sé.

Ma era lo stesso ben contento di poterla sperimentare, assaporare fino alla fine.

Tump.

L’ultimo battito.

Sarebbe arrivato, ne era certo, ed avrebbe portato con sé la fine di ogni cosa.

Gli risultava impossibile pensare che tra poco non sarebbe più esistito.

Sarebbe davvero successo questo?

Tutte le domande che, da sempre, avevano tormentato gli uomini stavano per trovare una risposta.

Sentiva freddo.

Vide un movimento. Di nuovo.

Una fugace ombra che passava davanti al suo ristretto campo visivo.

Ancora un’altra volta.

Ombre, come tutto ciò che gli stava innanzi, del resto.

Nessuna forma definita, solo contorni sfumati.

Eppure percepiva movimenti, sentiva rumori molto simili a voci.

La sfera luminosa aveva ormai spento tutte le altre stelle, ma attraverso di essa riusciva a vedere uno scorcio di quell’ambiente che stava ospitando i suoi ultimi momenti di vita.

In qualche strana maniera, sentiva quel posto familiare; avvertiva le sue vibrazioni e riconosceva gli odori.

Curioso come tutti i suoi sensi fossero in gran parte ridotti allo stremo quanto a funzionalità, fatta eccezione per l’olfatto.

Riusciva ancora a percepire gloi odori; ed essi erano, al momento, tutto quanto costituisse quel mondo che, altrimenti, per lui si riduceva, adesso, ad una grossa sfera luminosa e ad una serie di ombre indistinte che la attraversavano.

Odori.

Uno in particolare colpì la sua fantasia, riportandogli lontani ricordi di una vita che lo stava ormai abbandonando.

Un profumo intenso, pungente, appartenuto ai momenti più belli della sua esistenza.

Rosa selvatica.

Tump.

Quel battito non lo scosse quanto, invece, fece il ricordo di lei.

Piombò nella sua mente offuscata come una bomba lanciata da un aereo militare, e pervase ogni fibra del suo essere.

D’improvviso si ritrovò in quel prato, in mezzo ad un bagno di vita, e lei era lì, il sole dietro le spalle che la faceva assomigliare ad un angelo incoronato dalla luce.

Era questa l’immagine di lei che, si era sempre detto, avrebbe portato con sé nel suo ultimo viaggio.

Si stava avverando il suo pronostico. Era tornata da lui. Aveva riempito la sfera luminosa, l’aveva cancellata.

Sorrise, ed una lacrima percorse la sua guancia. L’avvertì scendere, rallentare, e poi fermarsi, pronta ad essere asciugata dall’aria, e librarsi nello spazio sopra di loro.

Tump.

L’ultimo battito. Lo riconobbe.

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