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Luce Stellare

LUCE STELLARE – Ottobre 1997

Libero.
Non riesco ancora a credere che tutto sia finito, sfumato in una grigia nuvola di tristezza.
Ma è così. E devo accettarlo, comprenderlo, convivere con questa certezza, che mai più nessuno potrà rendermi questa folle esperienza, permettermi di viverla di nuovo così come la mia mente l’ha vissuta.
È stato tutto così rapido, così improvviso, che la mia consapevolezza non ha avuto il tempo necessario a seguire ogni mutamento delle circostanze.
Lei era lì, e quel giorno ogni mia certezza venne divelta, distrutta, stravolta.
Quel giorno in cui il sole si spense.

**********

Certamente non potrà comprendermi chi, da sempre, è vissuto all’interno di un gruppo, amato, cercato, partecipe di ogni esperienza, al centro di ogni discorso.
Posso, però, sperare nella totale partecipazione a queste riflessioni da parte di chi, come me, non ha fatto altro che scontrarsi con la propria timidezza, goffaggine, paura.
Di chi, in definitiva, non ha mai realmente partecipato alla vita sociale del mondo, per un motivo o per un altro.
Una stella, una vera e luminosa stella, d’improvviso, aveva illuminato tutto il mio passato, cancellandolo in un sol colpo, rendendolo breve un istante, un istante triste, ma infinitamente piccolo, aprendomi al futuro, un futuro che, sinora, mai avevo preventivato, mai sperato, eppure sempre sognato.
Quel giorno la stella risplendeva innanzi a me.
In precedenza, soltanto una volta mi era accaduto: e quella passione era durata ben cinque anni. Cinque lunghi, sofferti, dolorosi anni in cui, di gior-no in giorno, mi sentivo sempre più inutile, incapace, solo.
Un sogno, soltanto, aveva posseduto il mio tempo, contagiandolo con quel sottile filo di speranza che ogni fantasia contiene.
Un desiderio, soltanto, aveva contrassegnato le mie giornate, i miei pensieri, i miei momenti.
Un dolore, soltanto, continuava a cancellare ogni speranza, fantasia, desiderio: la consapevolezza della mia incapacità.
Poi tutto era finito, e la mia anima aveva finalmente trovato quella necessaria pace, quella sospirata tranquillità, quell’indispensabile pausa nel tanto faticoso cammino. Allora, veramente, avevo sperato: tutto sembrava realmente concluso, tutto veramente finito. Libero.
Lei era scomparsa dalla mia vista, e la mia volontà aveva realizzato il suo primo capolavoro di decisione: per la prima volta, forse, era riuscita ad ottenere qualcosa di veramente necessario: dimenticare.
La sottile paura del cambiamento, poi aveva assalito i miei sensi: il Liceo era finito, i cinque dolorosi anni finiti, ma finita con essi anche la tranquillità e la sicurezza di un ambiente ovattato, chiuso, protetto.
Improvviso, il mondo entrava a far parte delle mie esperienze: non potevo sapere cosa avrei trovato, cosa mi avrebbe atteso.
Soltanto di un fatto ero certo: della mia sostanziale identità di carattere.
Come avrei fatto a cambiare, come avrei potuto adattarmi al nuovo mondo, alle nuove esperienze, alle nuove amicizie, io così chiuso, così de-bole, così triste per la scoperta della mia incapacità a vivere?
Mai sarei stato diverso, di questo non dubitavo. Eppure, eppure, in qualche modo, avrei dovuto cercare di cambiare.
Se non altro, per continuare a vivere.

**********

Sedevo accanto all’unica persona che mi teneva collegato al vecchio mondo liceale, alle passate esperienze, un tipo simile a me, eppure profondamente diverso.
Ci accomunava la nostra sostanziale estraneità al resto del mondo, forse vissuta in maniera diversa, ma con esiti simili.
Sedevo lì, e vivevo i miei primi giorni di una nuova esistenza, pregando (me stesso, Dio, il Fato…?) che essa potesse divenire altra rispetto alla precedente, il cui ricordo mi rendeva triste.
Lei aveva avuto su di me effetti magici, ma allo stesso tempo disastrosi: il mio animo era stato proiettato oltre ogni barriera del sentire, e riuscivo, adesso, a percepire ogni sensazione esterna al mio mondo.
Comprendevo ciò che, a mio avviso, pensavano gli altri, ed avvertivo cosa avveniva nel loro cuore, ma le sensazioni si scontravano con la mia sofferenza, e rivoltavano il coltello nelle profonde piaghe del mio dolore, spillandone dolenti gocce del mio essere, e riportando in vita momenti e parole e gesti e pensieri passati, ma non ancora del tutto, della mia passa-ta esperienza.
Lei era stata importante, a suo modo, poiché mi aveva regalato istanti di passione, di intensa emozione, di infinita voglia di amare. Ma, anche, ella mi aveva distrutto, rovinato, privato di ogni speranza, rendendomi sempre più diffidente verso ogni regalo della vita.
Sedevo e pensavo, osservandomi intorno alla ricerca di uno sguardo familiare, di un volto che ispirasse la mia fantasia, preparandomi piani e progetti che potessero proiettarmi oltre la presente esistenza, oltre ogni do-lore, e farmi nascere di nuovo, e vivere, e finalmente gioire.
Sedevo e speravo.
Poi quella luce, intensa, potente, colma di nuove promesse, satura di possibili delusioni, amarezze, ma anche ricca di future piccole gioie.
La stella offuscò ogni pensiero, cancellando la mia razionalità. Insinuò la sua luce brillante nelle mie membra, risalendo verso il centro di ogni mia fantasia, verso l’essenza di tutta la mia vita.
Un brivido caldo scosse le mie membra, facendole fremere di meravi-glia.
Un’improvvisa inquietudine abbracciò la mia tranquillità, scuotendola e rendendola instabile, per la prima volta dalla fine della precedente esperienza. Mi trovai proiettato tra spazi immensi, la mente astratta e sottratta al corpo in estasi, e mi vidi vagare tra nubi e luce, per tornare, infine, precipi-tosamente, nella vuota spoglia lasciata sul suolo terrestre.
Un salto improvviso che mi provocò un colpo, un brivido, una momenta-nea caduta del mio essere nel nulla.
Quando la vista tornò, e con essa la capacità di osservare il mondo, la mia vita era di nuovo, per la seconda terribile volta, guastata.

**********

Chi mai può dire cosa, di una tale o talaltra persona, cattura i nostri sguardi ed il nostro interesse, tanto da confondere ogni nostro pregiudizio circa la sua compatibilità con i nostri desideri, con quello che sempre abbiamo voluto?
Chi mai può sapere perché, d’improvviso, le nostre fantasie si concen-trano tutte intorno ad un unico soggetto, il quale, peraltro, osservato, se questo fosse possibile, a freddo, a priori, senza doverlo esaminare attraverso le nostre sensazioni, potrebbe rivelarsi assolutamente privo d’interesse, di attrattiva, di charme?
Eppure accade, e la stella che mi sottrasse, quel giorno, al mio corpo per quei pochi, ma quasi eterni, istanti, catturò anche ogni mio pensiero, rivelandosi un vero Black Hole.
Due furono i pensieri che assillarono la mia mente negli istanti seguenti:
a) Tutto stava per ricominciare
b) Mai sarei riuscito a raggiungere quella stella.
Il dolore si affacciò improvviso, cogliendomi impreparato.

**********

Le cose andarono in modo assolutamente diverso da come mi ero aspettato. Lo stesso, però, la vita si fece ancora una volta beffe di me e del mio dolore, scherzando, illudendomi e poi risolvendo ogni possibile attua-zione dei miei riposti desideri in maniera da rendere gli stessi desideri più forti e più necessari ad essere soddisfatti.
Nessuno, penso, può dire di aver sofferto, amato, voluto finché veramente non sperimenta su se stesso tali sensazioni, finché, cioè, la vita decide in maniera diversa rispetto a ciò che noi vorremmo.
“Panta rei”, diceva Eraclito: tutto scorre, ed il tempo, in maniera particolare, defluisce con rapidità.
Cinque anni passano, ed una situazione infelice diventa un vero problema, una tortura, un dolore continuo ed insistente.
Penso che la passione, l’amore, il volere siano alcuni tra gli aspetti più pericolosi, alcune tra le facce più oscure del nostro mondo, delle nostre e-sistenze.
Legate indissolubilmente al tempo, con esso scorrono, e possono divenire più forti o scemare d’intensità, sempre, però, contrariamente a quanto noi ci si aspetti!
La stella era lì, davanti a me, ed in un lasso di tempo più breve di quanto avessi sperato, divenne più vicina, più reale, più… vera.
La conobbi, le parlai, la osservai con gli occhi che brillavano.
La vidi, insomma, come nessuna mai avevo visto: divenne più prossima a me ed al mio amore, ma tutto si rivelava sempre più inutile.
Qualcosa, in me, era cambiato. O, forse, era cambiato qualcosa negli altri. Chissà? Ella mi accolse tra le sue amicizie ed, inizialmente, mi sentii lusingato, felice, esuberante: mi cercava, a suo modo, e non ero un estraneo per lei!
Ma tutto si rivelava sempre più inutile.
Passai con lei del tempo, anche soli, e mi sentivo importante. Penso che nessuno possa capirmi, tra coloro i quali sempre hanno provato tale sensazione, i quali sempre sono stati parte di un gruppo, forse anche personalità all’interno del gruppo… e tra costoro vi è anche quella stella che tanto mi ha illuminato.
Forse nessuno può capirmi, forse qualcuno ci sarà… non importa: lei possedeva i miei pensieri, ed in essi, a volte, entrava, a volte no, ma comunque non li lasciava sprofondare nel centro del suo Black Hole.

**********
Quando mi resi conto di chi fossi in realtà per quella stella lucente, non seppi trattenere un moto di profonda rabbia, di sconforto, di assoluto dolore: nulla, o forse anche meno.
Ecco cosa: nulla. Mi aveva detto di volermi bene, mi aveva detto di essere mia amica, tante cose mi aveva detto, ma scoprii che nulla era vero.
O, meglio, tutte lo erano: lei mi voleva bene, sul serio; ed era mia amica, veramente; e mi riteneva importante, davvero.
Ma, certo, egli è che, spesso, i nostri desideri ci illudono, facendo sì che, ciò che fin dall’inizio è chiaro non si potrà ottenere, diviene invece il nostro obiettivo principale, cosicché ogni ottenuto risultato non soddisfa le nostre intime aspettative, lasciandoci con il gusto amaro della sconfitta, gusto più amaro ancora per il fatto di averla prevista, tale sconfitta, e di non essersi fidati della previsione.
Così avvenne, così finì ogni mia speranza, così ripiombai nella più cupa disperazione, frutto della consapevolezza di non essere mutato, di non es-ser capace di mutare e, soprattutto, di non poter sfogare tutto quell’amore, quella tenerezza, quella passione che da anni riempiono la mia anima, satura a tal punto da non poter mantenere ancora a lungo vincolato un tale fiume di emozioni e di desideri.
Cosa mai attende la mia anima dannata?
Cosa ancora aspetta, in attesa di sferrare il suo attacco contro la mia fragile e tormentata esistenza?
Quando la vita finirà di scherzare, ridere, e quando finalmente il mio povero essere potrà iniziare una vita, quale che essa sia, priva di continue ed insistenti delusioni?
Quando essa smetterà di farsi beffe di me? O forse il clown è il destino della mia vita? Un uomo che risponde agli scherzi della natura scherzando egli stesso? Dovrò proprio tirare, infine, la pirandelliana corda della pazzia, per poter finalmente tornare in pace con me stesso, col mondo, ed accettarmi ed essere accettato, allora, proprio in quanto diverso e folle, mentre ora, soltanto diverso, la vita mi offende e mi deride?
Libero? Sì, da ogni legame con l’esistenza.
Libero dalla luce stellare, che sempre mi coglie impreparato, e mi causa danni e sofferenze.
Libero da chi, inconsapevole, mi dona qualcosa ma non tutto, e così mi priva di ciò che, intimamente, costituisce, invece, la mia sola attesa.
Libero da tutto ciò che mi allontana dagli altri, da me stesso, dalle stelle che continuano ad illuminare, di lontano, il mio cammino, cospargendolo, senza saperlo, di fossi e trappole.
Libero, soltanto, da me.
Continuerò così, in attesa, poiché, tanto, il dio Fato ha stabilito che il destino mi sia avverso.
Non in tutto, ché anzi posso ritenermi fortunato e felice.
Ma a questa felicità manca qualcosa, qualcosa che riesce, in un sol colpo, ad eliminare ogni gioia, ogni fortuna, ogni dono.
Al cospetto di questa mancanza, ogni cosa diviene nulla, e la vita assume soltanto il grigio volto di tale enorme, atroce, assurdo eppure eterno dolore.
Una intera esistenza priva di amore.
Libero, direi piuttosto privato, della luce, di quel raggio che unisce due sguardi, e che solo stellare può essere, divino… per me ancora, e ancora a lungo, sconosciuto.

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