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Le Nuove Regole

LE NUOVE REGOLE – Agosto 2011

E pensare che mi ero svegliato credendo che il mondo fosse lì dove lo avevo lasciato la sera, prima di coricarmi ed abbandonare i miei pensieri a quel complicato esercizio di stile che viene chiamato sonno.

E pensare che, aprendo gli occhi, mi aspettavo di scorgere la luce del sole filtrare tra le fessure delle tende. Illuminare quel primo contatto con il nuovo giorno. Abbracciarmi in un caldo bentornato, io occasionale e disperso pellegrino tra i meandri del regno di Morfeo.

Convinto di poter contare i minuti come al mio solito, ho aperto gli occhi e ho dato il buongiorno ad Hurty.

I suoi occhi di vetro hanno risposto, docili e benevoli. E mi hanno avvertito che, nottetempo, l’ordine delle cose aveva subito un mutamento.

Non essendomi chiaro il senso di tale novità, ho aperto le tende, per far filtrare la luce del giorno in quella stanza temporaneamente consegnata nelle mani tentacolari del buio.

La novità era evidente.

La luce era di un colore diverso dal solito. Anche il profumo non pareva lo stesso.

Il profumo della luce. Mutato, più acre.

La sua tonalità. Mutata, più verde.

Hurty sorrideva, sornione. Ti avevo avvisato, testardo di un umano.

L’ordine delle cose. Mutato, più oscillante.

L’orso parlante sa cosa dice. Lui osserva, non perde mai un dettaglio, ed è sempre dalla mia parte. Ho fatto male a non ascoltarlo subito. I suoi occhi sottolineano la condivisione di tale pensiero, ed un secondo sorriso mi suggerisce di non allarmarmi. Il cambiamento non è dannoso, va solo rispettato.

E pensare che avevo in programma di osservare un po’ il mondo di fuori da quel vetro che qualcuno ha piazzato lì, per separarmi dai profumi del bosco e dai rumori del popolo degli alberi.

Ma quella luce virante sul verde rende difficile osservare, senza provare un senso di squilibrio anche dentro.

Hurty mi invita a mantenere il controllo, e a dare il benvenuto al nuovo ordine delle cose.

In fondo, era quello che avevo richiesto, cercato, e mille volte desiderato. Un cambiamento, che rompesse quell’equilibrio disastroso che mi aveva tenuto bloccato in quella parodia di vita per così tanto tempo.

La stanza a fianco ha iniziato a chiamarmi. Suggeriva di approfittare della colazione, che era stata abbandonata sul tavolo di marmo, in attesa del mio risveglio.

Il tavolo. Mutato, più curvo.

L’osservo, e lui sfugge al mio sguardo, piegandosi come un gatto sotto le carezze di un padrone troppo insistente. La colazione è lì che mi osserva.

La colazione. Mutata, più discreta.

E pensare che avevo in programma di dare un nome ai gusti, e un gusto alle cose.

La notte ha portato con sé mille immagini. Passato e presente si sono fusi, e la vividezza di quel mondo onirico mi aveva trascinato con sé, rendendomi difficile recuperare il contatto con la realtà.

A me, che ho ricevuto in dono la possibilità di abbandonare la ricerca del senso delle cose da ormai molto tempo.

Il tempo. Mutato, più sfuggente.

Da quanto la colazione mi osserva in attesa di una mia mossa? Hurty si mette a ridere, e mi dà dello sciocco.

Ha ragione, probabilmente. Mi chiedo cosa ci faccia l’orso parlante in quella stanza dove la sua presenza, in genere, non è ammessa. Ma la domanda, così come quella prima di questa, non trova risposta. Sono seduto ed afferro la fetta di torta, leggera. Quasi composta d’aria. Potrebbe forse volare, penso. Potrei provarci, ma poi la mangio.

Il sapore. Mutato, più profumato.

Mi domando che odore possa avere un sapore. Ma l’ordine delle cose è cambiato, ed occorre accettare questa nuova realtà.

Non è facile. Ogni giorno è trascorso, finora, trovandomi immobile vittima delle mie stesse abitudini.

La luce non è verde, ed i tavoli non sfuggono alla vista, normalmente. O forse mi sto sbagliando?

Solo che, lì, in quella stanza, quel giorno è un nuovo giorno.

Le sbarre alla finestra sono divenute trasparenti, e la sala da pranzo è ora un salotto privato, dove c’è posto solo per me e per Hurty.

Mangio, ed osservo le pareti. Sono viola. Un viola tenue ma evidente. Il soffitto è azzurro, ed il profumo del bosco ha coperto l’odore che solitamente pervade quelle mura.

Chiedo all’orso di suggerirmi ancora qualcosa, così da potermi far trovare preparato ai mutamenti.

Lui strizza l’occhio.

E pensare che oggi credevo di svegliarmi e trovare lì fuori quei confortevoli punti di riferimento che ho costruito nel tempo. Non lo speravo. Ne ero, però, sicuro, ormai rassegnato a dover utilizzare, per sopravvivere, quelle piccole parti di me lasciate in punti strategici. Ritrovarle in caso di bisogno, ed usarle come leve.

Sono abituato a vivere così. Le novità non sono confortevoli. La branda ed il bosco lo sono. Sempre uguali, rassicuranti.

Lo osservo, quel bosco. Sempre. Sono sicuro che non sia mai cambiato.

Fino ad oggi.

Il bosco. Mutato, più variopinto.

Sta per arrivare l’uomo con la tuta bianca. Hurty mi suggerisce di non parlare dell’ordine delle cose. Non capirebbe, ed in ogni caso è una bella novità da tenere segreta. Fino a quando non si potrà parlarne, certo.

Sto riempiendo questo quaderno. Ho poche pagine che posso scrivere. Non si possono sprecare.

Le pagine. Mutate, più profonde.

La penna, oggi, traccia dei solchi, tridimensionali. Non è inchiostro quello che viene depositato sulla carta, ma le parole navigano in una superficie in rilievo. Alcune fanno fatica a scalare le colline. Altre affogano nel mare. Molte girano in tondo e si rincorrono.

Sono tutte molto leggere. Così come la luce verde ed il profumo di colori in quelle pareti viola.

Erano bianche, ne sono sicuro. Ma il viola è più dinamico. Il bosco continua a nascondersi a tratti. Credo voglia giocare, ma io sono impegnato, ora. Devo smettere di scrivere per parlare con l’uomo.

 

*******

 

Appena l’uomo con la tuta bianca ha controllato la mia stanza, e mi ha fatto quelle domande, ho capito che aveva dei sospetti. Intuiva che qualcosa era cambiato. Ma non sono sicuro che si sia accorto di tutto.

Forse è stata l’aria. O le pareti. Non lo so.

Hurty sostiene che sia stato proprio io a portarlo a sospettare. Ma ha anche detto che non fa niente, non è grave.

E pensare che, oggi, credevo di svegliarmi con i soliti segreti. Ora, invece, la notte ne ha aggiunti di nuovi.

Segreti di vita. E ha cancellato quelli che avevo. Non servono più, in effetti.

Qualcosa mi ha mostrato come quell’ordine che credevo statico, immutabile, è invece soltanto una delle possibili chiavi di lettura della realtà.

Nella mia situazione, ogni novità può portare un po’ di luce in questa tetra prigionia.

Quelle pasticche sono state utili allo scopo.

Non posso scrivere molto, e temo che questa sia l’ultima mia giornata qui.

I colori sfumano, ed i profumi si fondono a coprirsi e rinnovarsi. Sento che il cambiamento sta accelerando. E sorrido di questa novità.

Quel viola è diventato giallo.

Sono su quella branda che ospita le mie membra da 23 anni. Ne sono consapevole, la avverto che mi avvolge e mi trascina in un baratro che non potevo sospettare si celasse sotto quel logoro lenzuolo.

La branda. Mutata, più profonda.

Posso vedere davanti a me danzare tutte le migliaia di pagine che ho scritto in questo tempo. Due fogli al giorno, riempiti di migliaia di parole. L’uomo in bianco le ha lette tutte. Chissà se avrà mai trovato qualche spunto utile in quelle farneticanti ed inutili fantasie.

Parole vane, sciatte, senza contenuto. A prima vista.

Occorre nascondere la propria mente al mondo, se si vuole condividere con esso una parte di sé. O, almeno, questo è ciò che ho imparato a fare. Ciò che sono stato costretto a fare.

Le cupe profondità annientano ogni possibile interazione. Le alte vette illuminate creano distanze incolmabili.

Sono rinchiuso qui, e questa è la mia vita. Prigioniero di una fondamentale intolleranza per la diversità.

Oggi scrivo le prime parole che disegnano la mia mente e la mia vita.

Qualcuno saprà leggerle.

Le parole. Mutate, più ricche.

Hurty mi osserva. L’orso parlante ora è floscio. Non si nota molto, se non lo hai conosciuto come ho fatto io, per tutti questi anni.

Ma si prepara per la partenza. Sta spegnendosi, come me. Con me. Dopo avermi donato ciò che aveva conservato in mia vece.

Non sarà facile il distacco. Lui mi ha salvato la vita. Una pasticca al giorno, sottratta alla mia dose, e custodita dal suo capiente ventre. Così mi ha salvato.

Il mondo, ora, inizia a mostrare i suoi colori, ed io ho bisogno di andarmene.

Sono stanco di osservare il bosco, e mangiare su quel tavolo deserto. Ad orari prestabiliti, per evitare contatti con altri esseri umani.

Prigioniero.

Non sarò mai più libero di oggi, quando il mio spirito ha trovato il modo di volare.

L’ordine delle cose è mutato. I miei occhi vedono adesso quella trama che controlla ogni nostro momento. Il mio corpo percepisce il tempo che accelera, e mostra quello che è stato e quello che potrebbe essere.

I colori hanno un profumo, adesso. Quelle parti di me che ho lasciato indietro, come fulcri per sollevarmi, non servono più. Sono rimaste lì, a sorreggere quell’illusione che tutto sia prevedibile.

A consolare quella parte di me che, oggi, pensava di svegliarsi e vivere una giornata.

Il mondo, invece, ha cambiato direzione. Ha trovato uno spiraglio ed ha sovvertito le normali regole.

E tutto, ora, è più facile.

Le regole. Mutate, più flessibili.

Hurty mi guarda. I suoi occhi di vetro assomigliano ai miei.

Forse sono i miei che stanno avvicinandosi a quelli dell’orso parlante.

Queste parole non le vedo… le percepisco. So che il foglio sta finendo, ed io sto andando in quella luce verde che profuma di azzurro.

E di bosco.

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