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La cornice di Luce

Quella mattina il sole splendente aveva rallegrato, seppure in maniera tutt’altro che sufficiente, il suo viaggio verso l’aeroporto.

Ogni lunedì, da anni, la sua sveglia suonava ben prima dell’alba, e Paolo percorreva quei 40 km che lo separavano dall’aeroporto. Da solo, in silenzio.

Doccia, colazione e qualche riflessione poco lucida erano il suo mantra settimanale prima di scendere e guidare la sua auto per quei 50 minuti che, col passare del tempo, erano diventati sempre più difficili e faticosi.

Erano poche le occasioni in cui qualcosa alleviava quello sforzo che Paolo era costretto a compiere per raggiungere il posto di lavoro. Mai lo stesso per molto tempo, ma sempre lontano.

Quel giorno i riflessi del sole rendevano brillante la rugiada che ricopriva i fili d’erba dei prati attorno all’autostrada.

Da essi si levava una nuvola di vapore, la quale rendeva la scena davvero molto suggestiva. Erano appena le 6 del mattino, e già il sole rischiarava quell’angolo di mondo, rendendogli più sopportabile quel viaggio. In fin dei conti, se il buio aveva già abdicato in favore di quella piacevole luce diffusa, ci si poteva illudere che la giornata fosse già iniziata, e si rimpiangevano di meno le accoglienti lenzuola abbandonate da poco.

Lasciata l’auto al solito parcheggio, e raggiunto il terminal grazie alla navetta messa a disposizione dei clienti, effettuò in maniera rapida il passaggio dei controlli di sicurezza, sfruttando i varchi riservati ai volatori abituali provvisti di tesserino VIP. Piccoli vantaggi di chi, ormai, considera gli aeroporti una naturale estensione della propria abitazione.

Attese l’inizio dell’imbarco nella saletta riservata messa a disposizione dalla compagnia aerea, e poi raggiunse il gate indicato sui tabelloni informativi.

Quella routine spegneva ogni piacere nel viaggio, e lo rendeva una semplice necessità, dettata dal bisogno di spostarsi. Come ogni cosa, era fondamentale ridurre quanto possibile l’impatto di quei trasferimenti forzati e costanti sulla propria esistenza. Benedisse mentalmente la sua tessera VIP, che gli permetteva di effettuare tutte quelle operazioni, necessarie ad entrare in un aereo, nella maniera più veloce possibile, e si accomodò sulla poltrona in quarta fila scelta durante il check in.

Pochi minuti dopo, l’aereo partì, e Paolo attese lo spegnimento del segnale delle cinture di sicurezza prima di calzare le cuffie e far partire la musica dal suo iPhone.

Si assopì.

******

Uno scossone. Quell’auto non riesce a tenere la strada, e ad ogni buca o asperità sussulta vistosamente. D’altronde non è famosa per il livello qualitativo delle sue componenti. Salta anche il CD che sta sentendo, e questo è strano. Più che altro, quel che sente provenire dalla radio è una strana mescolanza tra la musica della playlist che conosce così bene ed una sorta di confuso borbottio poco comprensibile.

Tenta di sistemare l’autoradio, ma non riesce nel suo intento, e neppure a spegnerla. La musica continua a lamentarsi ed a confondersi con quelle parole.

Alza lo sguardo di nuovo, rinunciando a sistemare l’audio, e tenta di mettere a fuoco quella specie di curva parabolica che vede davanti a sè.

Sente l’auto seguire l’asfalto, inclinandosi su un lato. Un altro scossone lo fa trasalire, e lo costringe a puntare tutta la sua attenzione alla strada davanti a sé. La curva termina presto, ma solo per convertirsi in una parabolica inclinata in senso opposto alla precedente.

Le asperità del terreno rendono difficile mantenere il controllo, la macchina sobbalza ed accenna a sbandare. Non capisce come si possa esser trovato su quel tratto di strada, e tantomeno riesce a capacitarsi di quelle curve, spuntate dal nulla e nel nulla finite.

La musica è quasi completamente sopraffatta da quella voce, ma Paolo non ha nessuna intenzione di concentrarsi su quel problema, essendo completamente assorbito dallo sforzo di mantenere il veicolo nella carreggiata. Una voce particolarmente forte gli parla all’orecchio sinistro. La musica si abbassa, da quel lato, e quasi distingue delle parole di senso compiuto.

Apre gli occhi, trasalendo. L’aereo è in agitazione. Avverte subito una tensione sospetta, e mormorii davanti e dietro di lui.

La hostess gli sta chiedendo di levare le cuffie, spegnere l’iPhone ed allacciare la cintura. Dagli altoparlanti proviene la voce di un’altra assistente di volo.

Paolo cerca di scrollarsi di dosso la sensazione ancora molto viva di trovarsi nell’abitacolo della sua auto, impegnato nella guida su quel terreno accidentato, e segue le indicazioni dell’assistente di volo.

La lucidità lo raggiunge completamente in pochi istanti, e si trova ad osservare la situazione. Non è la prima volta che si trova in una turbolenza. I sobbalzi continuano, e l’aereo sembra molto impattato dalle condizioni esterne, decisamente avverse.

Le vibrazioni e le virate violente che il capitano effettua per spostarsi in una zona meno soggetta al temporale che li vede protagonisti involontari rendono nervosi i passeggeri. Molti di essi sono, evidentemente, volatori abituali. Manager d’azienda, consulenti, industriali o politici, l’aereo ha le sue prime file popolate da tanti pinguini in giacca e cravattta che leggono giornali, lavorano al computer o cercano di recuperare il sonno perduto in vista di importanti riunioni.

Malgrado la sua tenuta sia molto più sportiva, i suoi jeans e la maglietta non gli impediscono di sentirsi, suo malgrado, parte di loro.

Il resto dell’aereo, invece, è costituito da una curiosa commistione di volatori occasionali e di vacanzieri. Entrambe le categorie sono ora in fermento. Le turbolenze li mettono a disagio, e la preoccupazione è tangibile, anche se evidentemente immotivata.

L’aereo non sta precipitando, e la situazione è, apparentemente, sotto completo controllo da parte del capitano, che sta cercando una rotta più tranquilla, per garantire il massimo confort ai passeggeri.

In pochi minuti sono fuori da quel temporale, e lo spettacolo di quelle gigantesche nuvole nere alte centinaia di metri che finiscono nel nulla, circondate dall’azzurro intenso di un cielo a 10 km dal suolo lasciano tutti senza fiato. Le lamentele si calmano, ma l’aereo continua a vibrare intensamente.

È naturale che l’aria attorno ad un temporale di quella portata sia così movimentata. Passerà.

Paolo si volta, a guardare fuori dal finestrino: le nuvole candide formano uno strato compatto che li separa dalla sottostante terra. Sotto quella coltre che somiglia vagamente ad una distesa innevata, morbida e sinuosa, ci sono città e palazzi, e persone che vivono in essi.

Qualcuno si starà svegliando, mentre altri saranno in auto, fermi nel traffico o sfrecciando sulle autostrade. Qualcuno starà stringendo la sua donna, oppure sarà ancora avvolto tra le lenzuola, condividendo la dolce sensazione di complicità che soltanto un abbraccio nel letto può offrire. Ci sarà chi si è dovuto separare, controvoglia, dal corpo caldo del proprio uomo e, facendo colazione, darà una rapida occhiata alle ultime novità provenienti dal mondo esterno.

Qualche famiglia sarà alle prese con i figli che si svegliano, e richiedono subito le dovute attenzioni.

Ci saranno delle coppie che stanno facendo l’amore, altre nel pieno di un’agguerrita discussione. Qualche adolescente starà pensando alle sue prime delusioni. Non temere, la strada verso l’abisso non inizia lì. Goditi ogni emozione, per il momento.

Qualcuno soffrirà per la scuola, o per il lavoro, o per amore. Ci saranno operai che costruiscono case, quelle stesse in cui una famiglia inizierà la sua nuova vita. Ci sarà, di sicuro, chi sta per andare a dormire, dopo una faticosa nottata trascorsa a lavoro.

Ci saranno sogni, delusioni, emozioni. Le nuvole custodiscono tutto questo, e lo separano da quel volo, che ha sottratto una piccola rappresentanza di quella vasta varietà di persone e l’ha trasportata a migliaia di metri, in quel cielo così apparentemente lontano, se visto da sotto.

L’aereo sfreccia, e sobbalza. Il panorama cambia, l’orizzonte si piega, e Paolo osserva le nuvole sembrare più vicine.

Una scossa. Forte. Troppo.

Una cappelliera si apre, una donna urla.

Un computer, due file dietro di lui, vola dal tavolino e si incastra tra i piedi di un passeggero tre posti più avanti, lato corridoio.

Egli si china a raccoglierlo, e si volta per restituirlo al legittimo proprietario. L’aereo si inclina troppo rapidamente, e il computer portatile sfugge dalle mani del signore, colpendo il suo vicino sulla fronte.

La vittima lancia un grido sorpreso, ed in quell’istante le maschere di ossigeno calano con uno schiocco dai portelli sotto le cappelliere.

Qualcosa non va. L’aereo perde velocità, e l’inclinazione evidente che ha assunto lo fa puntare a quel pavimento di nubi che, fino a pochi istanti prima, sembrava distendersi ad una rassicurante e costante distanza.

Le grida si sprigionano immediatamente, in particolare dalle file posteriori, quelle dei trasvolatori occasionali.

Paolo mantiene la freddezza, malgrado il terrore inizi a fare capolino anche nella sua mente. Sa che questo genere di inconvenienti possono verificarsi, ma che non necessariamente sono preludio di un disastro.

Ma anche i business man iniziano a gridare, e l’atmosfera si fa bollente.

L’aereo non riprende quota, e punta sempre con decisione verso le nuvole. L’aria turbolenta e la posizione dell’aereo crea dei vortici attorno alle ali, che vibrano in maniera evidente e poco rassicurante.

Diventa difficile , per i passeggeri, mantenere il controllo della posizione.

Si sentono conati di vomito, ed urla continue e terrorizzate.

Il personale di bordo sembra scomparso. L’aereo si sta lentamente capovolgendo. Paolo si accorge di essere assolutamente atterrito, tanto da non avere nemmeno la capacità di gridare, o di riflettere lucidamente su cosa si possa fare in una simile situazione.

La risposta, non appena ci pensa, lo getta nella disperazione più totale: non può fare nulla, se non attendere.

Riesce ad afferrare la mascherina d’ossigeno, e a guardare quelle nuvole farsi più vicine.

Il corridoio è ingombro di valigie, e di passeggeri caduti dai sedili. Si vedono macchie di sangue sulle camicie e sugli abiti di chi non è riuscito a mantenere la postazione.

Volano oggetti che colpiscono chi è rimasto seduto, con la cintura allacciata.

Il rumore delle grida quasi scompare, mentre Paolo osserva la bellezza delle ali dell’aereo che attraversano le nubi, tagliandole come un elegante e gigantesco coltello affondato nel formaggio fresco. Deve essere pazzo a notare quella scena mentre l’aereo su cui si trova sta rapidamente precipitando a terra.

Ma l’esistenza è sconvolta dalla bellezza tanto quanto lo è dalla paura, e quei momenti, quelle scene apocalittiche, sono allo stesso tempo terrorizzanti e magnifiche.

Appaiono i palazzi, e le città. Si sta avvicinando quella realtà che, prima, era così distante, separata da quella coltre di candide nubi. Terra coltivata, laghi.

L’aereo si avvita su sé stesso, in una danza mortale, mentre quelle persone i cui sogni Paolo immaginava da lontano divengono sempre più vicine, presenti, reali. Sta per entrare prepotentemente nelle loro vite. Probabilmente contribuirà alla distruzione di alcune di esse.

Peccato.

Il terrore ha ottenebrato ogni sua capacità di raziocinio, e Paolo non può far altro che rassegnarsi all’evidenza, accettando che tra poco, improvvisamente, il futuro collasserà sul presente. Osserva l’aereo che si avvicina alla terra, mentre il rumore si fa assordante.

Un sorriso, sorprendentemente, lo avvolge mentre osserva un gregge di pecore invadere il suo finestrino, ed un prato coltivato sostituirsi al bianco professionale della fusoliera. Una danza di colori a suo modo magnifica. Una sensazione indefinibile ed eccezionale. Un ritorno alla natura, alla semplicità, alla bellezza, alla…

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